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lunedì 10 giugno 2024

Senza titolo - di Cristina Simoncini

Cristina Simoncini
Questo significa che tu adesso 
come allora sali le scale interne  
la voce percorre il mio spazio 
come un sibilo, di colpo lo riapre 
prima che spunti tu nello sguardo 
di un me altro, avviene – sviato
si manifesta ma non è illusione
o esserci di malinconia
realtà piuttosto, in qualche modo
due volte ora, come le ortensie 
azzurre che si spostano di memoria 
in memoria per conservare
l’indiscussa bellezza del presente.

domenica 26 maggio 2024

Sud

Un mistero ci lega
Lo stesso che lega le pitture rupestri dell’Asia Maggiore
A quelle italiane e spagnole
Le stesse mani, gli stessi cinghiali
Archetipi
Quarantamila lune son tante e ci hanno sbiadito
Ma è lo stesso disegno
Il medesimo tratto lasciato da mano diversa
Forme primarie rivelate l’una all’altra
In mezzo al rumore del mondo

A tu per tu col cane nero

Tu invece aspettavi parole d’amore
Forse un fiore, ogni tanto
E sorprese, sussulti del cuore
La mia vita però fa uno strano rumore
Sempre uguale a se stesso
Ogni giorno, per ventiquattr’ore
Sul registro più basso
Un accordo in minore
M’incatena, capisci?
Senza rancore

Acqua

Ho visto una lacrima scendere
Sul volto irregolare di una donna
Rimbalzare inerme sulle asperità celesti
Di quel mondo lontano dall’Arcadia delle curve rotonde
Ho visto tutto questo come fosse bellezza
Un lampo di luce euritmica sul crepitare sordo della terra 

Eucaristia

Ma io avrei voluto soltanto
Addormentare le mie labbra sulle tue
Niente di serio
Solo il maldestro tentativo
Di vestire d’eterno
Un granello di tempo
Invisibile ai radar
Delle nostre memorie

Bianco

Nei nostri temporali
Non c’è ombra di fulmine
Solo acqua pesante
Poco incline al rovescio
Se a tempesta finita
Ti affacci al balcone
C’è un arcobaleno
A cui manca un colore

Zanzare

Questo sentimento che chiamano amore
Di cui non ho né voglio aver contezza
Che perde se stesso fra mille sussurri
Come il senso delle parole ripetute
E migra, si ferma, scivola
Come nube tossica che ci avvelena
Senza mostrarsi
Che ha il volto spavaldo della puttana di strada
Disposta a tutto pur di umiliarci
Questa menzogna che chiamano amore
Pulsione senza affetto o affetto senza pulsione
Mani in alto, o la borsa o la vita
Passione che muore ancor prima di nascere
Fuoco fatuo, scorreggia, coriandolo, iato

C90

Scorre il nastro di una vita
S’inceppa e riparte
Frigge nei vuoti di memoria
Prende a correr veloce
Su praterie senza attriti
Spazi infiniti senza valore
Rallenta come fosse ad un bivio
Meraviglia ed inganno
Delle false piste
Degli enigmi indecifrabili
Impressi nei mezzitoni del ferrocromo
Fuori c’è il sole 
È il giorno giusto per piangere
Lacrime solo mie
Nel deserto dei campi magnetici
Fuori i secondi, perdio!

Canicola

Acceca il sole
Sulle case bianche del Salento
Nell’ora delle strade deserte
Dei negozi e dei cortili chiusi
Acceca e si ferma a guardare
Il sudore che galleggia
Sulla fronte e sulle mani
Come una patina trasparente
Fluttuante e sospesa
A formare il miraggio
Del Messico mai conosciuto
Acceca nel cuore del silenzio perfetto
Di un mondo mai così grande
Racchiuso in un pugno 
Di pochi metri quadrati
Acceca e mi guarda
Come uno dei suoi mille figli
Sudati e lontani
Che respirano acqua
Acqua, acqua.

Sartre

L’alba spalma marmellata d’arancia 
E chiama a raccolta il ronzio delle api
Ricordi?
È vigilia di festa non comandata
Ambra di zucchero e di torpore
Cola dagli angoli dei davanzali
Col passo fangoso dell’alligatore sazio
Se dovrò ancora rinascere
Allenterò il nodo della cravatta
Come si fa ai matrimoni
Implorando in silenzio l’arrivo
Della torta nuziale.

SS 12

La pianura mi regala una vertigine d’infinito
La malinconia è carta straccia da appallottolare
Ho l’età che aveva mio padre undici anni prima di morire
E interi quarti di pelle più morta che viva
Però m’indigno ancora per le altrui nequizie
E dormo e mi sveglio pieno di ferite
C’è una donna seduta sul gradino più alto della scala
Ha le gambe aperte e mi sorride
Vuole che salga e lo voglio anch’io
Ma non c’è più tempo e non c’è speranza
Solo passi e passi sopra la pianura

Estinzione

Oggi sono seduto
Sulla cima più alta dei miei pensieri
Nulla qui mi appartiene
Tutto è altro da me
Oggi inverto lo sguardo
Metto naso e mento all’insù
Non ho voglia di cercare
Traiettorie e rotte da sbagliare
Porgo cari saluti
Grazie, prego, s’il vous plait
Rimanete pur chinati
A mondare riso sui sagrati

Effimera

Vedo bagliori eccessivi nei tuoi occhi
E nessun chiaroscuro che m‘incendi l’anima
Troppa luce, troppo sole e desiderio di vita
E grazia, misura, rapporti e numeri col marchio dell’oro
Ti ha pensata chi scrisse l’Aurora Consurgens
Dopo aver abitato il delirio estatico di Fidia
Figlia legittima di una pozione e di un blocco di marmo
Di una mutazione e di una disperata ricerca di dio
Sai di dolori non masticati e sputati via con disprezzo
Di magnesio e miele di ambra dura ed acerba
Di regalità e traiettorie radiali
Nessuna celeste opacità nel tuo sguardo, solo bellezza. 

Negativo

Se ne stava con le spalle appoggiate
Al portoncino in quercia di una confetteria
Fotografava la sua ombra ad intervalli regolari
Ogni dieci secondi, uno scatto
Nella quiete ovattata del pomeriggio d’agosto
Sorrideva e scattava, inquadrando la sua ombra cortissima
Con i piedi immersi nelle foglie e nei fiori dell’Art Nouveau
Piccola stella meccanica a magnitudine zero.

Deriva

La mia sirena intona un canto di morte
Ha voce suadente di deriva
Intinta nella sinfonia dei grigi del mare
Sento l’eco stentorea della mia rotta
Violare le rigide leggi del controcanto
Guidarmi nella torba d’acqua
In questo immoto regno dell’immisercordia
Nella calma apparente
Nella monodìa dei violìni
Nelle cadenze evitate e nelle dissonanze vietate
Nel tramonto che non puoi sospirare
Se hai scelto di stare nel mare. 

Un battito d’ali

I momenti di passaggio della nostra vita sono quelli di cui non ci accorgiamo. Arrivano senza bussare e vanno via senza farci un saluto. Sono fantasmi che attraversano le pareti dell'anima, ce la scuotono fino a cambiarle i connotati, poi si eclissano in punti a noi sconosciuti attendendo un nuovo richiamo per tornare in azione. 
Cosa stavi facendo l'ultima volta che il tornado invisibile ti aggredì senza che te ne accorgessi? Stavi forse contando una mazzetta di banconote seduto alla cassa di una piccola filiale di una piccola banca. O forse eri a letto in attesa di prender sonno perché all'indomani la sveglia sarebbe squillata prima del solito. Magari eri seduto al tavolino di un bar in prossimità della spiaggia per goderti il tramonto. 
Cosa avvertisti in quell'istante? Un battito d'ali invisibili che ti distrasse per un istante soltanto. O forse un amaro ed inspiegato languore che, deglutendo a vuoto, mettesti subito a tacere. 
Uno snodo fondamentale della tua vita è appena passato e tu l'hai scambiato per altro, per qualcosa di fisico senza alcuna importanza. Le pareti della tua anima hanno vibrato e tu hai deglutito o voltato lo sguardo. 
La tua anima ha cambiato forma e colore e tu hai ripreso a contare le tue banconote o a pensare alla sveglia che, come una condanna a morte, fra poche ore ti butterà giù dal letto per l'ennesima volta. 
Cosa risponderai se un giorno ti chiederanno quali siano stati i momenti più importanti della tua vita? Oh, certo! Ricorderai i crocevia ed i traguardi. Parlerai del giorno in cui nacque tuo figlio o di quando decidesti di cambiare lavoro o città. 
Tuttavia i momenti di passaggio, le metamorfosi dell'anima, gli snodi essenziali della vita che ti portarono a quei crocevia e a quei traguardi, resteranno un mistero per te. Un mistero racchiuso in un battito d'ali dimenticato in un istante o in un languore rispedito al mittente con l'aiuto di un po' di saliva.

Manhattan

Una volta ti vidi sulla novantottesima
Un residuo d’inverno
Nella primavera americana
Il cappello copriva
La linea triste delle tue sopracciglia
Ti vidi poi cento volte ancora
Con cento visi diversi
E sempre ti riconobbi
In angoli del mondo tra loro lontani

Ultime parole di mia madre, marzo 2010

Hai sentito? Domani verranno a prenderci.
Ricordati di svuotare il cassetto.
Devo dire qualcosa o seguirli in silenzio?
Io vorrei che piovesse.
Hai visto che belle mani ho stasera?
Sono stanca. Portami a casa.

La produzione di una lacrima

La produzione di una lacrima
Non ha brevetto né cuore di fabbrica
Non termina la sua corsa nello scaffale di un negozio
Non conosce padroni né utenti finali

L’addetto alla fase uno ha centomila anni
Fa lui il primo passo dalla notte dei tempi
Il passo che muta l’aria in acqua
E l’acqua lo guarda, lo guarda svanire nel nulla

Come erano grandi i tuoi maglioni
Uno era color del sottobosco
I pulviscoli di luce gli s’incollavano sopra
Come stelle di cartone sul fondo del presepe al tramonto.

Achtung

Io mi ricordo di voi
Occhi e fuoco di cane
Lingue lanciate al sole
Sulla strada che dà sul mare
La mia portava invece il peso
Della resa anticipata
Libertà condizionata
Strada non illuminata
Senza visto d’entrata