Visualizzazione post con etichetta Recensioni 1991/1995. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Recensioni 1991/1995. Mostra tutti i post

lunedì 10 giugno 2024

Spiderland - Slint (voto: 8,5)


Brian McMahon (chitarra), Britt Walford (batteria), Ethan Buckler (basso), David Pajo (chitarra). Sono i nomi di quattro ragazzi del Kentucky che non dicono nulla; come nulla dice il nome della band Slint, alla quale sono attribuiti due album e due soli anni di vita, dal 1989 al 1991.
Eppure la breve parabola artistica degli Slint è il paradigma ideale del rock: formarsi in età adolescenziale, prendere le distanze dall’andazzo circostante, sfornare due capolavori rivoluzionari ed infine sciogliersi per autoconsunzione. Cos’altro è il rock se non la meravigliosa illusione dell’effimero? E perchè questa definizione, a noi amanti del rock, dà terribilmente fastidio?
Un giorno Bob Dylan dichiarò che le sue cose più belle furono composte quando era giovanissimo, e che mai e poi mai le intuizioni e gli spunti poetici della giovinezza avrebbero potuto palesarsi con medesima forza e compiutezza in età matura. Dichiarazione tanto coraggiosa quanto condivisibile, soprattutto se si pensa a quanti bolsi soloni del rock continuano a calcare i palcoscenici di mezzo mondo offrendo la caricatura di se stessi ad un pubblico incapace di distinguere il vero dal falso né tantomeno di sottrarsi all’insostenibile trappola dei sentimentalismi.
Pochissimi artisti hanno resistito alla tentazione (spesso di natura soltanto economica) di replicare se stessi   in recite “fuori tempo massimo”, contravvenendo così alla regola aurea e non scritta del rock che vuole l’immaginazione giovanile al potere ed il conseguente rifiuto di ogni stereotipo. Ecco perché gli Slint incarnarono alla perfezione l’essenza del rock e la purezza dell’arte tout court, lontani anni luce dai riflettori e dalle tentazioni autocelebrative.
Ciò che spinse gli Slint a fare musica fu probabilmente il rifiuto della palude in cui la scena rock si dibatteva sul finire degli anni ottanta, dalle sabbie mobili in cui era scivolato l’hardcore punk fino al dream pop revanscista e pastoso dei Cocteau twins. I due dischi del gruppo di Louisville operarono, più o meno consciamente, una messa a fuoco delle componenti più radicali e significative del rock (l’asciuttezza dei suoni, l’essenzialità del fraseggio, l’atmosfera straniante ottenuta attraverso l’utilizzo esasperato dei microtoni), e disegnarono un quadro di una tale potenza espressiva che ancora oggi, a distanza di oltre trent’anni, lascia stupefatti.
Poco più che ventenni, gli Slint realizzarono il loro secondo album Spiderland, di cui è opportuno conoscere anche i testi se si vuole godere di un’esperienza totalizzante.

Una quota di surrealtà si aggiunge e si mescola ad un piano narrativo dominato dal degrado e da un profondo senso di inadeguatezza.

Don stepped outside.
It felt good to be alone.
He wished he was drunk.
He thought about something he just said
And how stupid it had sounded.
He knew he should forget about it
And he decided to piss.
But he couldn't.
(A plane passed silently overhead) (da Don, Aman)

Altre volte la tenerezza si fa largo sotto forma di polvere in un universo onirico particolare, in cui la memoria risiede nelle scarpe piuttosto che nella testa.

Goodnight my love 
Remember me as you fall to sleep 
Fill your pockets with the dust and the memories 
That rises from the shoes on my feet. (da Washer)

In questa dimensione letteraria al cui centro sembra emergere la figura dell’abbandono (dalle cose del mondo e perfino da se stessi), la musica procede per sottrazione: via gli accenti parossistici dell’hardcore e l’aggressività vocale tipica del punk, resta uno scheletro musicale austero e distante; una sorta di manifesto alla memoria ben rappresentato dagli armonici pizzicati di Breadcrumb trail e dalla sua lunga introduzione parlata a cui, con grande probabilità, attingerà un anno dopo Lou Reed in quella Harry’s circumcision contenuta nell’album Magic and loss, a sua volta manifesto dell’autolesionismo e dell’abbandono.
Gli Slint furono contemporanei dei Nirvana, band celebrata oltremisura grazie ad un’immagine molto curata ed immersa alla perfezione in un contesto, quello del grunge, che diventò moda prima ancora che fenomeno musicale. Un abisso separa il nichilismo degli Slint da quello dei Nirvana: i secondi lo ostentarono soprattutto negli atteggiamenti, i primi lo coltivarono lavorando in modo maniacale sulla musica.





martedì 4 settembre 2012

BLUE LINES - Massive Attack (voto: 7)

Avete mai sentito parlare dei cartoncini Bristol?
Sono ritagli di carta disponibili in vari colori, prodotti appunto a Bristol ed utilizzati in tutto il mondo dagli amanti del decoupage
La città però non è famosa soltanto per i suoi cartoncini colorati da assemblare sugli oggetti che più ci aggradano. La sua storia è fatta anche di mercato degli schiavi - e questo non costituisce certo un motivo di vanto - traffico che, per fortuna, risale al diciassettesimo secolo. Il carattere multirazziale della città attuale è buon testimone di quel triste passato.
Quando Robert "3D" Del Naja, Grant "Daddy G" Marshall ed Andrew "Mushroom" Vowles (gli ultimi due, di colore) decisero - verso la fine degli anni ottanta a Bristol - di dar vita ai The wild Bunch, quei ritagli di cartoncino colorato caldi e materici,  fatti apposta per fantasiosi e variopinti assemblaggi, si smaterializzarono per ricomporsi magicamente in qualcosa di astratto, etereo, dannatamente musicale.
Il trip-hop bristoliano nasce proprio dall'incontro di questi colori - della pelle e del cartone presente nei cromosomi - e si ritaglia subito un posto d'onore fra le avanguardie del pop-rock di quel periodo.
Col nome di Massive Attack, nel '91, i tre pubblicano il loro primo disco: Blue Lines, vero manifesto del Trip-Hop.
Io odio le definizioni relative ai generi musicali: la musica si dovrebbe distinguere unicamente in buona e non buona. Sono stato io stesso però - quasi inconsciamente - a parlare di trip-hop e dovrò pertanto espiare la mia colpa segnalando che il nome deriva dal movimento hip-hop newyorchese, commistione di musica nera e latina che esige gli spazi aperti - le strade metropolitane in particolare - per esprimersi al massimo. Tanto ritmo e tanto sudore che - nella sua magnifica deriva bristoliana - si attenuano fino a toccare note cavernose ed improbabili. Ecco dunque l'hip trasformarsi in trip: la ballad psichedelica (One love), il ricorso al lo-fi (tecnica d'invecchiamento delle sonorità che trova uno splendido esempio nell'intro di Lately), rapping appena sussurrato (perfetto sotto questo punto di vista il brano che dà il titolo all'album), il funky-soul retro "aggiustato" con lo scratching (Be Thankful For What You've Got), il reggae rallentato e cupo (Five Man Army).
Tutti questi stilemi musicali - presenti solo allo stato embrionale in Blue Lines - verranno poi sviluppati nelle opere successive. Mezzanine, in particolare, sarà un vero e proprio caleidoscopio del trip-hop e, probabilmente, anche il suo canto del cigno.
Blue Lines, dunque, s'impone all'attenzione mondiale come opera davvero innovativa (per i motivi appena citati) ma anche - se non soprattutto - per la magia degli arrangiamenti, la qualità delle voci e le ammalianti melodie.
Unfinished Sympathy, carica di eco ed imperniata su un loop infinito di synth, è interpretata magistralmente da Shera Nelson e finisce per essere addirittura una hit. L'introduttiva Safe from Harm, in cui il basso la fa da padrone in un giro carico di promesse funk mantenute fino alla fine del pezzo, è anch'esso cantato da Shera Nelson
Tutto l'album, comunque, non perde mai quota. Perfino la conclusiva Hymn Of The Big Wheel, forse fra tutti il brano meno riuscito, riesce a dare nuovo colore e linfa alla musica Gospel.
Per concludere, una nota soggettiva che potrebbe però rivelarsi utile anche per voi. 
Quando ho tempo e voglia, mentre le prime luci artificiali cominciano a far capolino nelle strade e nei palazzi della mia città, faccio partire questo disco standomene lì ad osservarle. Se il trip-(hop) funziona, le luci metropolitane inizieranno a pulsare in sincrono con la musica.