Quella di Peter Green sembrava una storia destinata a concludersi tragicamente, tanto furono turbolente le sue abitudini di vita: LSD e non solo lo avevano condotto nel 1977 ad un ricovero psichiatrico lungo e doloroso, ed il suo percorso artistico sembrava essersi arrestato per sempre. Fortunatamente si riprese e ricominciò perfino a comporre e suonare, da solo e poi in gruppo con gli Splinter Group, fino al 2003.
Ognuno costruisce e conserva nella testa e nel cuore la sua personalissima storia del Rock. Questa è una delle tante: la mia.
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venerdì 31 maggio 2024
The end of the game - Peter Green (voto: 7)
Quella di Peter Green sembrava una storia destinata a concludersi tragicamente, tanto furono turbolente le sue abitudini di vita: LSD e non solo lo avevano condotto nel 1977 ad un ricovero psichiatrico lungo e doloroso, ed il suo percorso artistico sembrava essersi arrestato per sempre. Fortunatamente si riprese e ricominciò perfino a comporre e suonare, da solo e poi in gruppo con gli Splinter Group, fino al 2003.
sabato 25 maggio 2024
Absolutely free - Frank Zappa (voto: 9)
Ladies and gentlemen, the President of the United States.
Siamo in piena era psichedelica, di libertà espressiva, di rottura di schemi e tradizioni, di contestazione. Siamo in quella fase della storia in cui l’energia sgorga come lava dal cratere di un vulcano rimasto inerte da tempo immemorabile. Le direzioni che prende sono molteplici ed imprevedibili: dalla sperimentazione estrema dei Red Crayola alla trasfigurazione orrorifica del blues a cura di Captain Beefheart, dall’acid folk dei Jefferson Airplane ai bozzetti lisergici di Syd Barrett.
In questo tumultuoso e variegato panorama si staglia al di sopra delle parti il magmatico mondo musicale di Frank Zappa, capace di condensare e poi superare tutte le predette istanze e di restituirci una fotografia pressoché definitiva di quell’incredibile momento storico.
Zappa, autoproclamatosi nuovo presidente degli USA, distrugge con mano pesante di boia ogni tipo di censura e di guerra. Lo fa attraverso l’uso di testi altamente corrosivi e, soprattutto, con lo sciorinamento di tutti i paradigmi musicali conosciuti: dal valzer orchestrale al vaudeville, dal rock più classico alla black music, dal jazz al progressive, fino alle vette avanguardistiche della musica atonale e “rumoristica”. Ciò che sorprende è che tutte queste forme espressive sono spesso concentrate all’interno di un unico brano.
È inutile sottolineare la straordinarietà dei musicisti delle Mothers perché questa è nota perfino a chi conosce la musica soltanto di striscio, così come è leggendario il piglio dispotico di Zappa nei loro confronti non solo per quel che riguarda l’esecuzione dei brani ma anche e soprattutto per l’intolleranza assoluta all’uso di droghe. Una volta Neil Young affermò di non averne bisogno per cogliere l’allucinazione della vita, ed infatti molti testi del grande vecchio canadese confermano l’assunto: penso soprattutto a Last trip to Tulsa e a Don’t let it bring you down. Nel caso di Zappa si va addirittura oltre: non solo i testi, la musica stessa è la rappresentazione di uno stato della mente meravigliosamente fuori controllo. Plastic people, con la sua particolarissima mescolanza di spoken words e musica orchestrale inframmezzate da un accenno di valzer lisergico, dà la misura di questa espressività senza catene; ma è solo un esempio, perché di fatto tutti i brani del disco sono inni alla libertà.
Eppure il modo in cui Zappa si esprime nasconde una delle più incredibili contraddizioni della storia della musica: se infatti da un lato l’effetto è anarchico e trasuda imprevedibilità infinita, dall’altro il processo creativo è iper strutturato, certosino, maniacale. La musica di Zappa è figlia di assemblaggi sublimi e di stratificazioni apparentemente contraddittorie; perfino quando sembra lanciarsi in un assolo di chitarra all’insegna dell’improvvisazione più genuina, come in Invocation and ritual dance of the young pumpkin, è sufficiente prestare attenzione all’intricato lavoro dell’orchestrazione sottostante per accorgersene.
È doveroso ricordare che il disco trasuda sesso da ogni poro, ed è un sesso talmente volgare e sfrenato da risultare artistico: penso soprattutto alla piccola opera in tre atti The Duke of Prunes/Amnesia vivace/ The Duke regains his chops, in cui tra prugne e formaggio si descrivono l’eccitazione e l’atto sessuale con tecnica degna della pornografia cinematografica degli anni settanta, ma in un clima musicale a metà tra il sogno e l’incubo, il lirico ed il cacofonico. Il testo è ripetuto più volte, a ritmo progressivamente accelerato, come si conviene al più classico dei rapporti sessuali che passa dalla beatitudine statica e contemplativa iniziali alla concitazione sempre più marcata, per raggiungere infine un grottesco culmine invocativo (oh cheesy fat, oh cheesy fat…).
Per finire, dato che non m’interessa entrare in modo analitico nella disamina dei singoli brani né dilungarmi sulla tecnica vocale di Ray Collins o sul modo in cui Bunk Gardner usa i legni, solo due parole sull’annosa questione della difficoltà d’ascolto dei dischi di Zappa. Sì, la totale assenza di regole, la libertà assoluta, la messinscena di una spiritualità anarchica sempre e comunque fuori contesto sono difficili da comprendere ed accettare da noi persone comuni abituate al conforto degli schemi e delle regole. È dunque più facile che un pazzo ne trovi semplice l’ascolto e, ahimè, di pazzi in giro ce ne sono davvero pochi. Non resta dunque che provare e riprovare, aprirsi lentamente alla libertà, uscire dal seminato, sconfinare, scavallare, andare volutamente fuori tema: essere sempre e comunque ABSOLUTELY FREE.
sabato 18 maggio 2013
We are Paintermen - The Creation (voto: 6)
martedì 14 maggio 2013
Trespass - Genesis (voto: 6,5)
![](https://lh3.googleusercontent.com/-fXIgy2vC3fY/UZKOecu3xmI/AAAAAAAAAqg/MbNLyoBBFPM/s400/blogger-image-516477046.jpg)
Chiusi nelle nostre stanze simili a celle, respirando il piombo di quegli anni in cui le parole avevano irrimediabilmente lasciato il posto alle pistole e alle bombe, scartavamo gli album colorati di Paul Whitehead per tentare una fuga e ritrovare noi stessi fra gli accordi di mellotron, le leggende medievali e le improbabili maschere di Peter Gabriel, dietro a ciascuna delle quali si nascondeva un'allusione, un'allitterazione, un ossimoro oscuro come la realtà in cui eravamo immersi.
Genesis uguale evasione, dunque?
Neanche per sogno. Quanto meno non nell'accezione negativa che di solito attribuiamo al termine.
Il punto è che la realtà dei giovani di quegli anni era proprio l'evasione stessa. Evasione dal bianco e nero delle TV che guardavano i nostri genitori, evasione dai contesti di gruppo che avevano dominato il decennio precedente e restaurazione di una dimensione individuale e romantica, da vivere tra quattro mura, possibilmente dopo le tre dei pomeriggi autunnali, quell'orario - come diceva Sartre - in cui è troppo presto per fare qualcosa e troppo tardi per farne altre.
Trespass arrivò nelle case di alcuni nel 1970, affascinati più dalla straordinaria copertina che si apriva a libro che dalla fama di un gruppo che due anni prima aveva esordito con un album insignificante, un album che vendette pochissime copie e fu temporaneamente relegato all'oblio: From Genesis to Revelation. Aveva la copertina nera a busta e conteneva canzoni piuttosto evanescenti che pagavano dazio alla scena musicale dell'epoca, blues e pop, senza contribuire alla sua evoluzione.
Trespass è una miscela di colori delicati, un quadro astratto con prevalenza di verde e azzurro. Le lunghe parti strumentali (Stagnation) sembrano concepite per un ascolto ad occhi socchiusi e per anime disposte a confrontarsi con l'assenza di forme sicure, alla ricerca di una meta salvifica e senza tempo, dominata dall'immaterialitá ed immersa fino in fondo in un liquido onirico, quasi amniotico.
venerdì 10 maggio 2013
Surrealistic Pillow - Jefferson Airplane (voto: 6,5)
giovedì 9 maggio 2013
Matthew and son - Cat Stevens (voto: 5,5)
Non solo psichedelia, non solo acid rock tra le proposte musicali del 1967. C'è anche chi, come Cat Stevens, non sceglie di tagliare completamente i ponti col recente, melodico passato musicale e di tentarne un recupero in chiave moderna ed originale, grazie al background multietnico e soprattutto ad un'innata sensibilità musicale che gli permette di creare melodie in assoluta semplicità.
venerdì 3 maggio 2013
Sophisticated Beggar - Roy Harper (voto: 6)
Il fenomeno della British invasion, così come con un pizzico di sciovinismo gli Americani definiscono lo sconfinamento in territori musicali a stelle e strisce da parte dei cugini inglesi, non riguarda soltanto l'appropriazione indebita del rock-blues nero ad opera dei nuovi paladini del blues bianco, oppure il più recente fenomeno psichedelico che senz'altro ha origine nella West Coast ma sta assumendo dimensione internazionale anche grazie a gruppi provenienti dalla perfida Albione. Riguarda anche, come nell'esempio che ci accingiamo ad illustrare, il mondo musicale dei cosiddetti songwriters. Con questo termine si indica colui che scrive le proprie canzoni e le canta. Un fenomeno che trova un parallelo col cosiddetto cinema d'autore, in cui l'opera - lungi dall'essere il risultato di un lavoro d'equipe - reca l'impronta fortemente soggettiva del regista, il quale sovraintende a tutte le fasi della realizzazione del film: dalla sceneggiatura alla scenografia, dal montaggio alla fotografia. Non è dunque altrewttanto corretto parlare di canzone d'autore quando ci riferiamo a Bob Dylan o, per stare ad un esempio recentissimo e già trattato da Stanza 51 la scorsa settimana, a Laura Nyro? E Leonard Cohen non ne è forse l'esempio più chiaro?