sabato 25 maggio 2024

Absolutely free - Frank Zappa (voto: 9)

 


Ladies and gentlemen, the President of the United States.
Inizia così ABSOLUTELY FREE, secondo album del genio di Baltimora con le Mothers of Invention uscito nel 1967.

Siamo in piena era psichedelica, di libertà espressiva, di rottura di schemi e tradizioni, di contestazione. Siamo in quella fase della storia in cui l’energia sgorga come lava dal cratere di un vulcano rimasto inerte da tempo immemorabile. Le direzioni che prende sono molteplici ed imprevedibili: dalla sperimentazione estrema dei Red Crayola alla trasfigurazione orrorifica del blues a cura di Captain Beefheart, dall’acid folk dei Jefferson Airplane ai bozzetti lisergici di Syd Barrett.

In questo tumultuoso e variegato panorama si staglia al di sopra delle parti il magmatico mondo musicale di Frank Zappa, capace di condensare e poi superare tutte le predette istanze e di restituirci una fotografia pressoché definitiva di quell’incredibile momento storico.

Zappa, autoproclamatosi nuovo presidente degli USA, distrugge con mano pesante di boia ogni tipo di censura e di guerra. Lo fa attraverso l’uso di testi altamente corrosivi e, soprattutto, con lo sciorinamento di tutti i paradigmi musicali conosciuti: dal valzer orchestrale al vaudeville, dal rock più classico alla black music, dal jazz al progressive, fino alle vette avanguardistiche della musica atonale e “rumoristica”. Ciò che sorprende è che tutte queste forme espressive sono spesso concentrate all’interno di un unico brano.

È inutile sottolineare la straordinarietà dei musicisti delle Mothers perché questa è nota perfino a chi conosce la musica soltanto di striscio, così come è leggendario il piglio dispotico di Zappa nei loro confronti non solo per quel che riguarda l’esecuzione dei brani ma anche e soprattutto per l’intolleranza assoluta all’uso di droghe. Una volta Neil Young affermò di non averne bisogno per cogliere l’allucinazione della vita, ed infatti molti testi del grande vecchio canadese confermano l’assunto: penso soprattutto a Last trip to Tulsa e a Don’t let it bring you down. Nel caso di Zappa si va addirittura oltre: non solo i testi, la musica stessa è la rappresentazione di uno stato della mente meravigliosamente fuori controllo.  Plastic people, con la sua particolarissima mescolanza di spoken words e musica orchestrale inframmezzate da un accenno di valzer lisergico, dà la misura di questa espressività senza catene; ma è solo un esempio, perché di fatto tutti i brani del disco sono inni alla libertà.

Eppure il modo in cui Zappa si esprime nasconde una delle più incredibili contraddizioni della storia della musica: se infatti da un lato l’effetto è anarchico e trasuda imprevedibilità infinita, dall’altro il processo creativo è iper strutturato, certosino, maniacale. La musica di Zappa è figlia di assemblaggi sublimi e di stratificazioni apparentemente contraddittorie; perfino quando sembra lanciarsi in un assolo di chitarra all’insegna dell’improvvisazione più genuina, come in Invocation and ritual dance of the young pumpkin, è sufficiente prestare attenzione all’intricato lavoro dell’orchestrazione sottostante per accorgersene.

È doveroso ricordare che il disco trasuda sesso da ogni poro, ed è un sesso talmente volgare e sfrenato da risultare artistico: penso soprattutto alla piccola opera in tre atti The Duke of Prunes/Amnesia vivace/ The Duke regains his chops, in cui tra prugne e formaggio si descrivono l’eccitazione e l’atto sessuale con tecnica degna della pornografia cinematografica degli anni settanta, ma in un clima musicale a metà tra il sogno e l’incubo, il lirico ed il cacofonico. Il testo è ripetuto più volte, a ritmo progressivamente accelerato, come si conviene al più classico dei rapporti sessuali che passa dalla beatitudine statica e contemplativa iniziali alla concitazione sempre più marcata, per raggiungere infine un grottesco culmine invocativo (oh cheesy fat, oh cheesy fat…).

Per finire, dato che non m’interessa entrare in modo analitico nella disamina dei singoli brani né dilungarmi sulla tecnica vocale di Ray Collins o sul modo in cui Bunk Gardner usa i legni, solo due parole sull’annosa questione della difficoltà d’ascolto dei dischi di Zappa. Sì, la totale assenza di regole, la libertà assoluta, la messinscena di una spiritualità anarchica sempre e comunque fuori contesto sono difficili da comprendere ed accettare da noi persone comuni abituate al conforto degli schemi e delle regole. È dunque più facile che un pazzo ne trovi semplice l’ascolto e, ahimè, di pazzi in giro ce ne sono davvero pochi. Non resta dunque che provare e riprovare, aprirsi lentamente alla libertà, uscire dal seminato, sconfinare, scavallare, andare volutamente fuori tema: essere sempre e comunque ABSOLUTELY FREE.



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