sabato 22 settembre 2012

THE NIGHTFLY - Donald Fagen (voto: 7,5)

The Nightfly è il disco perfetto.
Lo è per vari motivi, compresi quelli strettamente personali di cui vi darò presto conto. Lo è innanzitutto per la straordinaria qualità dell'incisione - totalmente digitale - che ancora oggi lo rende un modello di riferimento per discografici e musicisti di mezzo mondo. Lo è per il timbro autobiografico, disincantato e al tempo stesso sognante, con cui un Fagen nelle vesti di speaker radiofonico degli anni '50 immortala un futuro prossimo carico di fiducia nella scienza, nelle relazioni interpersonali, nell'affermazione eterna di quel sogno americano che il protagonista sta vivendo al suo apice storico, diffondendo segnali musicali notturni ad una cittadina della Lousiana,  Baton Rouge, che immaginiamo fatta di piccole case con luci, radio e speranze perennemente accese. Lo è per la sua struttura quasi concept che non compromette - anzi esalta - la straordinaria autonomia di ogni singolo brano, ogni singola gemma incastonata in questo 33 giri in cui Jazz, Pop e Rock sono una cosa sola. Lo è per l'amalgama delle sonorità prodotte da un pugno di straordinari musicisti che voglio elencare uno ad uno per non incorrere in un vero e proprio reato d'omissione: 
Dave Bargeron - trombone, euphonium, horn, background vocals
Michael Brecker - tenor saxophone
Randy Brecker - trumpet, flugelhorn
Larry Carlton - guitar
Ronnie Cuber - horn, baritone saxophone
Rick Derringer - guitar
Frank "Harmonica Frank" Floyd - background vocals
James Gadson - drums
Ed Greene - drums
Gordon Grody - vocals, background vocals
Anthony Jackson - bass
Steve Jordan - drums
Steve Khan - acoustic guitar
Abraham Laboriel - bass
Daniel Lazerus - background vocals
Will Lee - bass
Hugh McCracken - guitar, harmonica
Leslie Miller - background vocals
Marcus Miller - bass
Rob Mounsey - synthesizer, horn, keyboards
Roger Nichols - percussion, special effects
Michael Omartian - piano, keyboards, electric piano
Dean Parks - guitar
Greg Phillinganes - synthesizer, piano, keyboards, electric piano, clavinet, synthesizer bass
Jeff Porcaro - drums
Chuck Rainey - bass
Zachary Sanders -background vocals
Valerie Simpson - background vocals
David Tofani - horn, alto saxophone
Starz Vanderlocket - percussion, background vocals
Paul Shaffer - organ
Qualche bastian contrario si è limitato ad etichettare il disco come troppo perfetto, evidentemente per carenza di argomentazioni a sostegno di una tesi improponibile e suicida. Improponibile perché l'eccessiva perfezione si può addebitare ad opere stilisticamente perfette ma prive di anima, non certo ad un disco in cui l'ispirazione, la poesia e la straordinarietà della sintesi sono ai massimi livelli e la brillantezza della "confezione stilistica" è solo e soltanto il giusto tributo a così tanta sostanza.
E' possibile, anzi doveroso, sgranare il disco nei singoli brani che lo compongono anche se ognuno di essi è parte di un tutto che va ascoltato per intero, senza mai riprendere fiato. La magia sincopata e lucente di I.G.Y. lascia il posto al ritmo più oscuro e governato a stento di Green Flower Street, con i suoi break inarrivabili. Ruby Baby è l'unico brano non scritto da Donald Fagen ma non per questo di secondo piano. Qui il synth fa uno straordinario ed accattivante lavoro sui toni ultra-bassi ed il sax chiude il brano in un modo tale che sembra chiedere agli ascoltatori Come mai siete ancora seduti? Il primo lato si chiude con Maxine, capolavoro romantico in 12/8 introdotto da un pianoforte ovattato e struggente. New Frontier apre la seconda parte descrivendo con ironia ed umorismo l'incubo atomico di quegli anni meravigliosi in cui perfino l'imminente olocausto veniva vissuto in un'atmosfera da Happy Days. Il brano che dà il titolo all'album è una riflessione malinconica ed autobiografica fatta a microfoni aperti ed introduce i due brani finali che sembrano essere quelli trasmessi dalla fantomatica radio W.J.A.Z. di cui Larry The Nightfly è l'anfitrione.
Quando questo disco uscì (1982) , il sottoscritto era musicalmente imbevuto di Prog-Rock ed a stento accettava il nuovo percorso intrapreso dalle falangi del punk e della new-wave, si riconosceva a malapena nella direzione intellettuale e cocainica dei Talkin' Heads e cominciava a sposare il minimalismo moderno di Fripp, Eno e Gabriel, vere ancore di salvataggio difronte alla precoce tentazione di salutare l'intero panorama musicale e sotterrarsi in un dolce passato fatto di soluzioni superate e prive di sbocchi.
The Nightfly e Donald Fagen, ingiustamente snobbato all'epoca degli Steely Dan, funsero da catalizzatori per un'apertura dei miei orizzonti verso il jazz ed il soul e la musica tutta con i suoi infiniti stili e colori.
Ancora adesso, a distanza di trent'anni, mi capita di riascoltare Maxine, chiudere gli occhi e pensare come si possa esprimere l'idea del viaggio verso un luogo indefinito in compagnia di una senorita in jeans and pearls, meglio di come abbia fatto Donald Fagen in quel lontano 1982.

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