lunedì 3 settembre 2012

BERLIN - Lou Reed (voto: 8)

Ich bin ein Berliner - Io sono un Berlinese.
La storica frase pronunciata a Berlino da Kennedy nel '63 testimoniò l'appoggio americano all'Europa tutta (prima ancora che ai soli berlinesi) dopo che i Russi avevano sostenuto la Germania dell'Est nell'edificazione del muro.
Ich bin ein Berliner, sembra ribadire Lou Reed a distanza di un decennio, a testimonianza di una fascinazione mitteleuropea che l'artista ebreo-newyorchese ha subìto nell'intero corso della sua carriera.
Quale ambientazione se non Berlino per una storia a tinte fortemente decadenti?
Berlino, dunque. Dopo Transformer. Dopo, cioè, quel bagno nel glam-rock fatto a puro scopo di rilancio commerciale e per evitare una prematura caduta nell'oblio.
Agli inizi degli anni settanta, le sonorità dei Velvet Underground - pur riconosciute come essenziali per una svolta culturale alta della musica rock - erano state soppiantate dalle paillettes e dai lustrini del glamour. Personaggi come Alice Cooper e David Bowie, pur non rinnegando l'eredità velvetiana, stavano virando con forza verso i lidi dell'esibizionismo sfrenato della diversità. Da questo punto di vista Lou Reed sta nel Glam-rock come un cammello in una grondaia: troppo riservato, troppo genuinamente underground per sposare l'estroversione di quella fase, pur importante, della storia del rock.
Eppure Transformer era stato un gran disco, ricco di gemme divenute immortali col trascorrere del tempo: penso in particolare a Satellite of love, Walk on the wild side, Perfect day e Make-up. Non appena però le circostanze glielo consentirono, Lou abbandonò quel sentiero e tornò ad essere il paladino di un rock colto e maledetto, la naturale evoluzione del percorso inizialmente fatto con i Velvet.
Berlin, se volete, è un concept-album. Lo è nel senso che racconta, soprattutto dalla soggettiva dell'uomo, la storia tormentata e metropolitana di una coppia in disfacimento psichico e fisico causati della droga e - più in generale - dall'incapacità di vivere un rapporto fatto di condivisione ed amore. 
Le due figure, Jim e Caroline, sono avvitate nelle rispettive dimensioni individuali fatte di fallimentari ricerche del sè e di conseguenti frustrazioni e depressioni. Jim vive in uno stato di totale sottomissione alla figura femminile (non solo di Caroline, c'è anche sua madre sullo sfondo) che lo fa vivere in bilico tra gelosie compulsive ed atti violenti nei confronti della compagna. Caroline, dal canto suo, cerca risposte nell'arte e fra le braccia di chiunque le capiti a tiro. Il suo suicidio è il culmine catartico della storia.
Berlin è un'opera fortemente autobiografica. Lou è Jim, ma spesso anche Caroline, quasi ad implicita conferma della sua conclamata bisessualità. E' talmente autobiografica che Reed non l'ha mai eseguita in pubblico fino al 2007, anno in cui decise di realizzarne addirittura un film-concerto a cura di Julian Schnabel.
Dal punto di vista squisitamente musicale il disco è essenziale ed asciutto, non riserva le sorprese sonore di Transformer, risolvendo così certe contraddizioni piuttosto evidenti all'interno di quell'album, soprattutto le strizzatine d'occhio ad arrangiamenti piuttosto commerciali. 
Berlin è asciutto e potente, la musica in straordinaria sintonia coi testi e viceversa.
Come ogni capolavoro, non è perfetto. Sad song, ad esempio, avrebbe potuto e dovuto essere meno ridondante per i miei gusti. Ma, per la verità, è l'unico appunto che sento di fare ad un'opera che resterà senz'altro per sempre nell'alveo dei capolavori maledetti del rock.


Berlin  - L'intro del piano arriva come una riflessione blues al culmine di un fracasso sonoro che sottolinea il compleanno di Caroline. Una festa che nel ricordo di Jim stride con la dominante tragica delle loro esistenze e si fa dunque rumore, alienazione sonora, flashback disturbante. Quel pianoforte da caffè anni quaranta sembra preludere ad un cantato lunghissimo, quasi eterno. Ed invece le parole di Jim sono poche e straordinarie come un filo di perle.


A Berlino, accanto al muro
Eri alta un metro e settantacinque
Era molto bello
Lume di candela e Dubonnet con ghiaccio
Eravamo in un piccolo caffè
Si sentivano le chitarre suonare
Era molto bello
Oh, tesoro era il paradiso


L'intenzione di Reed, quella di realizzare un film per le orecchie, trova in questi versi stringati la sua piena realizzazione: la cinepresa si sposta dall'esterno del muro all'interno di un piccolo bar come in un piano-sequenza esistenzialista.

Lady Day - Una semplice struttura in 4/4 con improvvisi stop and go a segnalarci che la golden age del Prog è ancora viva. L'andamento è vagamente marziale e, se si considera anche il testo, vien da pensare che la principale fonte d'ispirazione dei Police per Roxanne sia stato proprio questo brano.


Quando camminava per la strada
era come una bambina che si guardava i piedi
Ma quando passava davanti al bar
e sentiva la musica
doveva entrare e cantare
doveva per forza essere così
doveva entrare e cantare
doveva per forza essere così

E io dicevo no, no, no
oh, Lady Day
e io dicevo no, no, no
oh, Lady Day

Dopo che gli applausi erano finiti
e la gente se n’era andata
Scendeva le scale del bar
e usciva
verso l’albergo che lei chiamava casa
Aveva muri verdastri
e il bagno nel corridoio

E dissi no, no, no
oh, Lady Day


Jim ricorda l'esuberanza di Caroline e la descrive come quella dell'artista sul palco: timido e impacciato nella vita reale ("Quando camminava per strada era come una bambina che si guardava i piedi"), esplosivo e disinibito on stage. Jim è geloso di Caroline ("E io dicevo no, no no....")  ma lei sembra non assecondare il suo sentimento e riduce la sua vita ad un continuo viavai tra palchi ed alberghi. Qui le allusioni di Reed sono sofisticate e sottili: Caroline non è una cantante. Il palco è forse il letto su cui Caroline dimentica fra le braccia di altri la sua timidezza? Oppure Caroline è lo stesso Reed che allude poeticamente alla propria omosessualità tormentata e Jim il suo super-io che lo censura? O ancora, siamo forse in presenza di un ripensamento critico di Reed nei riguardi della sua vita d'artista divisa tra teatri e squallidi alberghi dai muri verdastri?

Men of good fortune - Una ballad in puro stile reediano per rimarcare la visione nichilista della vita di Jim. Il testo è costruito in prima persona ed è una riflessione sull'estraneità del protagonista agli stereotipi contrapposti di uomini di buona famiglia ed uomini di umili origini.



Gli uomini di buona famiglia spesso fanno cadere imperi
mentre gli uomini di umili origini
spesso non possono fare proprio niente
Il figlio ricco aspetta la morte di suo padre
il povero può solo bere e piangere
e a me, a me non frega proprio niente

Gli uomini di buona famiglia molto spesso non riescono a fare niente
mentre gli uomini dalle origini umili spesso possono fare di tutto
Cercano di comportarsi da uomini gestiscono le cose
al meglio delle loro possibilità
non hanno un papà ricco su cui contare

Gli uomini di buona famiglia spesso fanno cadere imperi
mentre gli uomini di umili origini
spesso non possono fare proprio niente
Ci vogliono soldi per fare soldi, dicono
Guardate i Ford,
non hanno cominciato così?
Ad ogni modo, per me non fa alcuna differenza

Gli uomini di buona famiglia
spesso desiderano morire
mentre gli umili
vorrebbero ciò che hanno loro
e morirebbero per ottenerlo
Tutte quelle grandi cose che la vita ha da offrire
vogliono avere i soldi e vivere
a me, a me non frega proprio niente

Gli uomini di buona famiglia
uomini di umili origini
Gli uomini di buona famiglia
uomini di umili origini
Gli uomini di buona famiglia
uomini di umili origini
Gli uomini di buona famiglia
uomini di umili origini


Lou Reed (Jim) non si schiera. Si limita a constatare e ad affermare la propria non appartenenza. In definitiva, la propria solitudine. 
Splendido il finale in cui l'eco accentua la contrapposizione delle due categorie ripetute all'infinito.

Caroline says (pt.1) - Jim parla di Caroline. Lo fa in modo convulso ed accalorato, sulle note di un classico rock elettrico che amplifica la carica ironica e nevrotica di un testo carico di frustrazione e tutt'altro che auto-indulgente. 


Caroline dice che cono solo un giocattolo
lei vuole un uomo, non un ragazzp
Oh, Caroline dice, ooohhh, Caroline dice


Caroline dice

che non può fare a meno di essere meschina
o crudele, o almeno così sembra
Oh, Caroline dice, Caroline dice

Lei dice che non vuole un uomo che le sbavi dietro
ma lei è ancora la mia -
- Regina tedesca
Si, è la mia regina

Le cose che fa, le cose che dice

la gente non dovrebbe trattare gli altri in questo modo
ma all’inizio pensavo di poter sopportare tutto
Come il veleno in un’ampolla
hey, spesso era così volgare
ma naturalmente, pensavo di poter sopportare tutto

Caroline dice che non sono un uomo
così andrà a cercarselo dove capita
Oh, Caroline dice, si, Caroline dice

Caroline dice che dei momenti della sua vita
non possono continuare ad essere solo miei
Oh, Caroline dice, si, Caroline dice

Mi tratta come fossi un imbecille
ma per me lei è ancora la mia -
- Regina tedesca, ooohhh, lei è la mia -
- Regina, si …
Regina, ehi tesoro, lei è la mia regina
(Regina)

Nel brano è chiaro il riferimento a Nico, la femme fatale tedesca dei Velvet Underground.Un po' più nascosta è invece la figura materna, con cui il giovane artista newyorkese ebbe un rapporto conflittuale tale da accendere in lui la scintilla della misoginia e, forse, della sua stessa omosessualità. 
Dal testo traspare chiaramente l'incapacità di Jim di relazionarsi con le donne. La sua è una posizione sottomessa e passiva. Come avrebbe potuto essere altrimenti se tua madre da ragazzo ti ha condotto in una clinica in cui ti hanno praticato l'elettroshock per farti guarire dall'omosessualità? 

How do you think it feels? - Stavolta Jim parla di se stesso e lo fa con la crudezza che è propria di chi non è abituato a confidare le proprie emozioni. E' una sequenza di parole dette con rabbia a stento trattenuta. Una rabbia che trova due colpevoli precisi: sua madre e Caroline. ("come here, baby", riferito alla sua donna, "come down here, mama", riferito alla madre). Una cascata di elettricità, il drumming convulso ed un contrappunto finale di tromba fotografano nel migliore dei modi la dimensione nevrotica del testo.


Come pensi ci si senta
quando sei strafatto e solo?
(vieni qui tesoro)
come pensi ci si senta
quando tutto ciò che puoi dire è “se solo …”?

Se solo avessi un po’ di roba
se solo avessi qualche spicciolo
(forza tesoro)
se solo, se solo, se solo
Come pensi ci si senta
e quando credi che smetta?

Come pensi ci si senta
quando sei sveglio da cinque giorni
(vieni quiggù mamma)
sempre a caccia di qualcosa, ooohhh
perchè hai paura di dormire?

Come pensi ci si senta
a sentirsi come un lupo ingiallito?
come pensi ci ci senta
A fare sempre l’amore per procura, huh?
come pensi ci si senta
e quando pensi che smetta
quando pensi che smetta?



Oh, Jim - E' un brano a doppia struttura - elettrica la prima, acustica la seconda - che risale ai tempi dei Velvet Underground. Continua la messa a fuoco sui rancori di Jim e sulla sua condizione di emarginato.



Tutti i tuoi amici da quattro soldi
ti imbottiscono di pillole
dicevano che ti avrebbe fatto bene
che ti avrebbe curato tutti i tuoi mali
Non mi importa di dove si sta
sono come un gatto randagio


E quando sei pieno d’odio fino a qui

non sai che devi andare dritto per la tua strada?
pieno d’odio fino a qui
riempila di lividi e vai dritto per la tua strada
Do, do, do, do, do, do
quando guardi attraverso occhi d’odio

Tutti i tuoi amici da quattro soldi
ti chiedevano l’autografo
ti mettevano sul palco
pensavano andasse bene per farsi quattro risate
Non mi importa di dove si sta
perchè tesoro io sono come un gatto randagio

E quando sei pieno d’odio fino a qui
non sai che devi andare dritto per la tua strada?
pieno d’odio fino a qui
riempila di lividi e vai dritto per la tua strada
Uh-huh

Oh, Jim come hai potuto trattarmi così?
Hey, hey, hey come hai potuto trattarmi così?
Oh, Jim come hai potuto trattarmi così?
Hey, hey come hai potuto trattarmi così?
Sai che mi hai spezzato il cuore
da quando sei andato via
Beh dicevi che ci amavi
ma facevi l’amore solo con uno di noi due
Oh, oh, oh, oh, Jim
come hai potuto trattarmi così?
Sai che mi hai spezzato il cuore
da quando sei andato via
Quando guardi attraverso gli occhi dell’odio
oh, oh, oh, oh

Singolare l'"how could you treat me this way?" che ritroveremo in The Wall dei Pink Floyd, sempre a descrivere una condizione di duplice abbandono: amoroso ed esistenziale.

Caroline says (pt.2) - Una struggente ballata acustica in cui la fa da padrona la forma indiretta, quasi per una sorta di pudore ad esprimere in prima persona il disagio e la sorpresa del suicidio di Caroline. Il testo è emozionante pur non lasciando alcuno spazio a sentimentalismi di sorta.


Caroline dice
alzandosi dal pavimento
perchè mi picchi?
non è affatto divertente

Caroline dice
truccandosi l’occhio
dovresti imparare di più su te stesso
non pensare solo a te stesso

Ma lei non ha paura di morire
tutti i suoi amici la chiamano “Alaska”
quando si fa di anfetamine
loro ridono e le chiedono
Cosa ha in testa
cosa ha in testa

Caroline dice
alzandosi dal pavimento
puoi picchiarmi quanto vuoi
ma non ti amo più

Caroline dice
mordendosi il labbro
la vita dovrebbe essere
più di tutto questo
e questo è un viaggio schifoso

Ma lei non ha paura di morire
tutti i suoi amici la chiamano “Alaska”
quando si fa di anfetamine
loro ridono e le chiedono
Cosa ha in testa
cosa ha in testa

Ha sfondato la finestra con un pugno
è stata una sensazione così strana
Fa così freddo in Alaska
fa così freddo in Alaska
fa così freddo in Alaska


Poesia e disperazione metropolitane, dolori repressi che si fanno largo a stento attraverso le righe, certamente un brano fra i più sofferti ed autobiografici della produzione di Lou Reed (sua moglie aveva davvero tentato il suicidio). Miss Alaska, algida e fragile, derisa dagli amici per le sue pericolose stravaganze, sfonda la finestra con un pugno ed ecco che la sua sorte, il suo suicidio, è descritto con una semplice e meravigliosa "Fa così freddo in Alaska", quasi a sottolineare come perfino la morte sia un luogo comune. Un'agghiacciante frase fatta per una banale tappa della nostra esistenza.

The Kids - "that miserable rotten slut couldn’t turn, anyone away" ed il pianto dei bambini portati via ad Alaska-Caroline sono due squarci disturbanti e profondi sulla tela di un brano dai connotati quasi folk. Un brano in cui Jim canta la propria soddisfazione per la separazione forzata della figlia dalla madre ad opera dei servizi sociali. Un riscatto in piena regola per chi finalmente può vedere le lacrime della sua donna che tante lacrime ha causato a lui. ("And I am the Water Boy" / But since she lost her daughter It’s her eyes that fill with water"): un'amara applicazione della legge del contrappasso ed un nuovo accecante attestato di cruda sincerità che pone Lou Reed su un piedistallo poetico esclusivo, ancorchè scomodo.


Stanno portando via i suoi bambini
perchè hanno detto non fosse una buona madre
stanno portando via i suoi bambini
perchè se la stava facendo
con i fratelli e le sorelle
e con chiunque altro, con tutti
se ne stavano lì come funzionari da due soldi
a farle la corte davanti a me
Le stanno portando via i bambini
perchè dicevano che non fosse una buona madre
stanno portando via i suoi bambini
per tutte le cose che hanno sentito sul suo conto
il sergente di colore dell’aviazione non era stato il primo
e tutte le droghe che si era fatta, tutte, proprio tutte

E io sono il ragazzo dell’acqua
la partita vera non è ancora finita
ma il mio cuore trabocca comunque
sono solo un uomo sfinito, non ho parole da dire
ma da quando ha perso suo figlia
sono stati i suoi occhi a riempirsi d’acqua
e io sono molto più felice così

Stanno portando via i suoi bambini
perchè dicevano che non fosse una buona madre
stanno portando via i suoi bambini
perchè la prima era stata la fidanzata di Parigi
le cose che facevano
ah, certo non dovevano chiederlo a noi
e poi il gallese dall’India
che si stabilì qui

Le stanno portando via i bambini
perchè dicevano non fosse una buona madre
stanno portando via i suoi bambini
per tutte le cose che faceva per le strade
nei vicoli e nei bar, nessuno poteva batterla
quella sporca e miserabile puttana
non si negava a nessuno

E io sono il ragazzo dell’acqua
la partita vera non è ancora finita
ma il mio cuore trabocca comunque
sono solo un uomo sfinito, non ho parole da dire
ma da quando ha perso suo figlia
sono stati i suoi occhi a riempirsi d’acqua
e io sono molto più felice così


The Bed - Il disperato cinismo di Jim si rivela adesso tramite l'elencazione dettagliata, quasi cronistica, delle cose presenti e passate all'interno della stanza in cui Caroline si è tagliata le vene. Ritorna la chiave del "film for ears": ci sembra vi vedere Jim che indica col dito il letto, il cuscino, le scatole sullo scaffale, la stanza tutta. Ci sembra di vederlo muoversi lentamente, come lento è l'incedere del brano musicale, quasi fosse egli stesso una cinepresa. 

Questo è il posto dove poggiava la testa

quando andava a letto la notte
e questo è il posto
dove sono stati concepiti i nostri figli
di notte le candele illuminavano la stanza

E questo è il posto dove si è tagliata le vene
quella notte strana e fatale
e ho detto, oh, oh, oh, oh, oh, oh, che sensazione
e ho detto, oh, oh, oh, oh, oh, oh, che sensazione

Questo è il posto dove vivevamo
l’ho pagato con amore e sangue
e queste sono le scatole
che teneva sullo scaffale
piene di poesie e cose varie

E questa è la stanza dove ha preso il rasoio
e si è tagliata le vene quella nota strana e fatale
e ho detto, oh, oh, oh, oh, oh, oh, che emozione
e ho detto, oh, oh, oh, oh, oh, oh, che emozione


Non avrei mai cominciato se avessi saputo

che sarebbe finita così
ma, cosa strana, non sono affatto triste
che sia stata questa la conclusione

Questo è il posto dove poggiava la testa
quando andava a letto la notte
e questo è il posto
dove sono stati concepiti i nostri figli
di notte le candele illuminavano
di luce vivida la stanza

E questo è il posto dove si è tagliata le vene
quella notte strana e fatale
e ho detto, oh, oh, oh, oh, oh, oh, che emozione
e ho detto, oh, oh, oh, oh, oh, oh, che emozione

Anche qui, come in The Kids, è presente un elemento di disturbo: il ritornello "Oh oh oh oh oh oh oh what a feeling!" accende di una luce sinistra un brano la cui componente drammatica è tenuta sempre sotto controllo da una struttura musicale che ricorda un'innocentissima nenia.

Sad Song - Brano che inizia come un'opera sinfonica, sembra svilupparsi secondo canoni decisamente rock, assume le caratteristiche di una lenta ballata, ritorna al rock. In certi passaggi ricorda la splendida "Satellite of Love" e forse è un ricalco voluto dall'autore.


Guardando il mio album fotografico
sembra Maria, regina di Scozia
mi pareva così regale
questo dimostra come ci si possa sbagliare

Devo smetterla di perdere tempo
qualcun altro le avrebbe spezzato entrambe le braccia
Canzone triste, canzone triste
canzone triste, canzone triste

Il mio castello, i bambini e la casa
pensavo fosse Maria, regina di Scozia
ci ho provato così tanto
ciò dimostra come ci si possa sbagliare

Devo smetterla di perdere tempo
qualcun alto
le avrebbe spezzato entrambe le braccia
Canzone triste, canzone triste
canzone triste, canzone triste
canzone triste, canzone triste
canzone triste, canzone triste
canzone triste, canzone triste
canzone triste, canzone triste


Jim si autoassolve, dunque. Cinismo? Non penso. E' quello che tutti fanno - o tentano di fare - dopo il suicidio del proprio compagno. I rimorsi, i rimpianti, le lacrime sono solo un primo, doveroso passaggio che inevitabilmente conduce all'autoassoluzione. Ma da Lou Reed pretendete forse che vi racconti le sue lacrime e i suoi rimpianti? Lui va dritto al sodo, facendo del suo cinismo un momento di alta e fredda poesia.

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